Caro Pier Paolo: l’intimità di una vera amicizia

Curioso come le amicizie a volte si dipanino attraverso gli sguardi. Quante cose contengono quelle due pupille pronte a ingoiare il tempo. Ora vivi, infatti, solo nei miei occhi interni e ti muovi dentro lo straordinario spazio che lo sguardo degli occhi chiusi comprende.

Chiunque di noi abbia perso un vero amico sa cosa significhi ritrovarlo di tanto in tanto nei sogni, nei ricordi che ritornano improvvisi. Quel desiderio persistente di raccontargli ogni novità, il chiedersi cosa penserebbe, cosa direbbe di certe nostre scelte, di cambiamenti sociali e storici, di un libro o di un film. Sarebbe bello potergli scrivere… E a volte magari lo facciamo davvero, in un diario, in lettere che non spediremo.

È così strano che dopo tanti anni, nel sonno, io trovi ancora il modo di ricordarti e di vederti.

Lo sguardo che Dacia Maraini posa sul ricordo di Pier Paolo Pasolini è delicato, dolce, carico di affetto. Attraverso il mezzo evocativo delle lettere, con cui sceglie di riallacciare un ideale dialogo unilaterale, compone una raccolta di memorie sparse, una sorta di passeggiata senza meta sulla sabbia del passato, camminando piano, a piedi nudi, ogni impronta un’immagine che riemerge. Nel mosaico di frammenti che va a formarsi c’è senza dubbio il Pasolini ben noto, l’autore, il poeta, il regista, il personaggio scomodo, le sue idee, il suo linguaggio, la sua morte ancora misteriosa, ma soprattutto si delinea il volto privato di Pier Paolo, l’uomo, mite e sensibile, l’amico pieno di contraddizioni e inquietudine, con cui era semplicemente bello condividere ispirazione, viaggi, una casa…

Ricordo che una volta, credo fossimo in Congo, davanti a un paesaggio grandioso, arcaico, dalle profondità azzurrine, mi hai detto che avevi capito cosa fosse l’immortalità. […] L’immortalità è un atto di fiducia bellissimo, un impeto di struggente amore per la vita, che è la cosa meno immortale che conosciamo. Contraddizione che solo un poeta può intendere.

Mi ritrovo nella decrizione di questo momento, così come in tanti altri sparsi per il libro. Pezzi di vita vissuta con qualcuno che ora non c’è più, riflessioni fatte insieme, non davanti a un panorama africano ma su una meno poetica panchina romana. Però noi stavamo ammirando la distesa dei Fori Imperiali, quindi l’immortalità ci faceva ugualmente compagnia. A ripensarci mi si gonfia il cuore… È quel tipo di istante prezioso di cui si riconosce la ricchezza molto di più a posteriori, con gratitudine e una punta di rimpianto.

Forse uno dei sentimenti che si respira con maggiore intensità in Caro Pier Paolo è proprio quello della nostalgia. Per gli amici andati via che – come scrive Dacia Maraini – muoiono e ci fanno sentire più soli, per un’epoca in cui scrittori, artisti, intellettuali, si incontravano per il puro piacere di trovarsi insieme, per i viaggi pieni di avventure e suggestioni, le sceneggiature scritte a quattro mani, le confidenze al buio di una diva che in quel momento era solo una donna innamorata… Alla fine queste lettere restituiscono non solo una ricostruzione personale e intima dell’uomo che fu Pasolini, ma anche uno scorcio del mondo interiore di Dacia Maraini stessa. Perché in fondo raccontando i nostri amici, ciò che amiamo ed abbiamo amato di loro, raccontiamo anche un po’ di noi.

Ringrazio Dacia Maraini per la generosità nel concedersi e nel donarci questa visione privilegiata del suo caro Pier Paolo. Mi ha coinvolta e commossa, toccando le corde di una mancanza profonda che mi porto dentro. Forse anche io ora scriverò le mie lettere alla persona che ormai posso incontrare solo nei sogni. Di certo so che, se fosse qui, le regalerei questo libro.

E voltandoci rimangono le fotografie, vere o della mente. Ogni tanto le accarezziamo, con gentilezza, per non sgualcirle.

Ho in mente una bellissima fotografia di te, solitario come al solito, che cammini, no forse corri, sui dossi di Sabaudia, con il vento che ti fa svolazzare un cappotto leggero sulle gambe. Il volto serio, pensoso, gli occhi accesi. Il tuo corpo esprimeva qualcosa di risoluto e doloroso. Eri tu, in tutta la tua terribile solitudine e profondità di pensiero. Ecco, io ti immagino ora così, in corsa sulle dune di un cielo che non ti è più ostile.

(Edizione Neri Pozza marzo 2022

Pagine 240)

Isolina: storia di una ragazza cancellata

… resta della sua scrittura soltanto un foglietto con una nota della spesa.

Poco più di tre mesi fa, il 7 dicembre 2019, camminavo da sola per le strade di Verona. Un giorno che, oggi come oggi, mi sembra dietro l’angolo e allo stesso tempo lontano secoli, speso in giro tra i mercatini natalizi, in attesa di una bella serata a teatro. È stato anche il giorno in cui finalmente ho trovato lei. Aspettavo di incontrarla da oltre un anno, da quando avevo letto la sua storia in un bellissimo libro di Dacia Maraini.

Sappiamo che a Isolina piaceva ballare, piaceva uscire la sera, piaceva avere amiche e corteggiatori. Suo padre dice di lei che aveva il diavolo in corpo e doveva essere vero perché tutti la descrivono come allegra, affettuosa, vivace, insofferente di ogni disciplina, curiosa, intelligente. Dalle poche cose che ci dicono di lei viene fuori fra l’altro una persona dall’animo gentile, infantile, golosa di divertimenti ma non cinica né maligna.

È una storia cruda, quella di Isolina Canuti, uccisa a Verona a diciannove anni, insieme al bambino che aspettava. Secondo le ricostruzioni di Dacia Maraini, la morte avvenne durante un maldestro tentativo di farla abortire (con una forchetta…), da un gruppo di ufficiali dell’esercito. Tra loro, il suo ex amante, il padre del bambino, il tenente Carlo Trivulzio, proveniente da una buona famiglia di Udine. Accadde in una trattoria, dopo la fecero a pezzi e la gettarono via come spazzatura, dentro tanti sacchi, nelle acque dell’Adige, che iniziarono a restituire i suoi resti intorno alla metà del gennaio 1900.

Isolina e il suo bambino non hanno mai avuto giustizia. Trivulzio fu arrestato e poi rilasciato. In seguito ci fu un processo, ma l’imputato era Mario Todeschini, direttore di un giornale, querelato da Trivulzio per una serie di articoli che puntavano il dito contro di lui. Isolina ne venne fuori come quella che se l’era cercata. Colpevolizzata, vilipesa. Uccisa due volte. Eliminata come uno scarabocchio scomodo. Non ha neppure una tomba. La ragazza cancellata.

Di Isolina non ci sono tracce. Per i registri comunali non è mai esistita. Forse è nata ma non è mai morta.

Vicolo Chiodo. Sapevo che l’avrei trovata lì. Dove c’era la trattoria del Chiodo, ora scomparsa, il luogo del suo assassinio. Ho percorso le vie decorate dalle luminarie, allontanandomi dal brusio della folla, l’atmosfera un po’ più silenziosa, addormentata. E finalmente eccola.

Un profilo femminile, laggiù, solitario. Un bassorilievo ferito dagli anni e dalle stagioni, eppure con una delicatezza che trascende la pietra. Secondo le credenze popolari quel profilo appartiene a lei, Isolina.

Difficile spiegare l’emozione che ho provato. Per un attimo ho visto sovrapporsi passato e presente: quel muro segnato da qualche scritta rimossa con una mano di vernice, quei bidoni della spazzatura… Il tempo che scorreva intorno ad Isolina. Anche intorno a me. Sono rimasta per un po’ a contemplare quel profilo, ignara della città, dell’ora, della data. È stato un piccolo dialogo senza parole, con la ragazza cancellata, con quella piccola testa scolpita.

Una storia cruda, come già ho scritto. Una storia che, in versioni diverse e tuttavia uguali, continua a ripetersi. Ma anche una storia con un pizzico di speranza. Perché una giovane donna è stata cancellata, ma un’altra donna, una donna più fortunata, libera, dopo decenni, ha deciso di raccontarla in un libro, di non abbandonarla all’oblio, di restituirle dignità. Ed un’altra donna ancora, a centoventi anni di distanza, continua a ricordarla e ha viaggiato per rendere omaggio a un bassorilievo.

Poi ti ho salutata, Isolina, ti ho lasciata lì, sola in fondo al vicolo. Ma un giorno tornerò a trovarti. Andateci anche voi. Se non l’avete fatto, leggete il libro di Dacia Maraini e, quando la vita ritroverà la normalità, quando saremo di nuovo liberi di uscire e viaggiare, passate da Verona, cercate Vicolo Chiodo. Cercate Isolina. Regalatele un momento.

Cancellare dalla vita una vita non è facile. Qualcosa rimane sempre, di irriducibile, di indistruttibile che si rifiuta di essere annientato.

Edizione: Bur Contemporanea Rizzoli 2016

Pagine 243

Fotografie di Franca Bersanetti Bucci