Una partenza davvero con il botto – anzi con lo schianto- per la nuova stagione teatrale del Teatro dei Fluttuanti di Argenta (Ferrara). Lo scorso 23 ottobre 2019 il palco argentano ha infatti ospitato una commedia di fama e successo mondiali, già al terzo anno di tour in Italia. Non esagero: Che disastro di commedia (titolo originale: The play that goes wrong) ha fatto e sta facendo davvero il giro del mondo. Creata da Henry Lewis, Jonathan Sayer e Henry Shields, è partita nel 2012 da un piccolo teatro londinese sopra un pub, con spettacoli per soli sessanta spettatori alla volta, per poi approdare al West End, dove è tuttora in cartellone, e varcando anche l’oceano per conquistare Broadway, portata negli Stati Uniti nientemeno che da J.J. Abrahams. Nel frattempo ha raccolto premi importanti (Olivier Award, Tony Award, Premio Molière) ed è stata tradotta in venti lingue, giungendo praticamente ovunque. Ma a cosa si deve questo trionfo planetario?
Lo spettacolo ha molto in comune con l’altrettanto famoso Rumori fuori scena ed è un esilarante esempio di metateatro, ovvero di teatro nel teatro, nella migliore tradizione del più dissacrante, disincantato umorismo britannico. Una sgangherata compagnia di teatro amatoriale decide di mettere in scena la storia di un delitto ambientata negli anni Venti: purtroppo però nessuno degli attori sa veramente recitare e la scenografia cade – letteralmente- a pezzi. Battute sbagliate o dimenticate che scatenano un effetto domino di errori, incidenti, botte e cadute. E scritto così, credetemi, è riduttivo. Difficile descriverne a parole il ritmo vertiginoso: a volte il susseguirsi di gag è stato talmente veloce che non riuscivo a prendere fiato tra una risata e l’altra. Per due ore ho tenuto in mano il fazzolettino di carta per asciugarmi gli occhi, come accade quando si guarda un film strappalacrime. Ma in questo caso piangevo dal ridere.
Parlando seriamente, se si ha una minima conoscenza del teatro e dei suoi meccanismi, ci si rende conto di quanto impegnativo sia il lavoro di attori e tecnici dietro uno spettacolo simile. Tutto deve svolgersi in maniera precisa e sincronizzata, non si può sbagliare un ingresso, un gesto o una posizione (pena il rischio di essere centrati da una parete o da un pezzo di arredo). Come cantava Carboni, per questa commedia occorre un fisico bestiale. Senza contare che recitare volutamente male non è semplice come potrebbe sembrare. Come ha detto il regista Mark Bell, questi attori sono capaci di essere stupidi. Ci vuole arte vera anche per quello. Onore quindi all’ottimo cast, composto da Stefania Autuori, Luca Basile, Viviana Colais, Valerio di Benedetto, Alessandro Marverti, Yaser Mohamed, Igor Petrotto e Marco Zordan.
La cosa che ho trovato veramente geniale?
Che lo spettacolo è iniziato mentre ancora il pubblico stava entrando e non tutti l’hanno capito (quantomeno di certo non gli spettatori intorno a me): avendo il dubbio che questo momento possa variare di sera in sera, da teatro a teatro, non dirò cosa parte del cast ha combinato sul palco a sipario aperto e in platea, ma i futuri spettatori stiano all’erta.
Per finire, una chicca. Il successo dello spettacolo originale è stato tale da dare il via ad una serie di nuove commedie (tutte disastrose) sempre interpretate dalla stessa compagnia di inetti, da Peter Pan goes wrong a Christmas Carol goes wrong. Ebbene l’operazione si ripeterà anche in Italia e a febbraio 2020 debutterà Che disastro di Peter Pan.
Nel frattempo chi ha voglia di ridere – e ce n’è un gran bisogno- non si perda il tour di Che disastro di commedia. In questi giorni è in scena, fino al 3 novembre, al Teatro Augusteo di Napoli, poi fino a fine anno si susseguiranno le tappe di Civitanova Marche, Lonigo, Cividale del Friuli, Maniago, Prato, Milano, Mestre, Reggio Calabria, Altopascio, Bergamo e Campobasso.
Avvertenze: tornerete a casa senza riuscire a togliervi dalla testa “Buon Dio!” e chiedendovi chi mai abbia avuto l’idea della pianta.
(Fotografie tratte da Facebook)