La fabbrica delle bambole: non chiudetele in una cornice, le donne vogliono uscire dalla tela e dipingerla

Sono viva: la mia vita è iniziata solo adesso.

Non sorprende che una delle citazioni all’inizio di questo libro sia di Mary Wollstonecraft, filosofa madre di Mary Shelley, considerata tra le figure fondamentali per la nascita del femminismo liberale. Questa infatti è una storia che racconta la forza femminile, il bisogno di libertà, di autoaffermazione, della possibilità di prendere in mano la propria vita, in un mondo in cui troppo spesso ancora oggi le donne vengono considerate oggetti idealizzati da possedere. Tanto più nella contraddittoria epoca vittoriana, con le sue luci e i suoi angoli oscuri.

Siamo nel 1851 e a Londra sta per essere inaugurata la Grande Esposizione. La giovane Iris lavora in un negozio di bambole insieme alla sorella gemella Rose ma sogna di diventare pittrice. La sua modesta esistenza senza prospettive le sta stretta: delle due gemelle, lei, nata con una malformazione alla clavicola, era considerata la più sfortunata, poi la sorella Rose è rimasta sfigurata dal vaiolo ed ora i loro destini sono legati dal senso di sacrificio e dal rancore. Di colpo, la svolta: Iris incontra Louis Frost, un componente della famigerata Confraternita dei Preraffaeliti, che le propone di essere la sua modella per un dipinto importante ed è disposto anche a farle da insegnante. È una decisione epocale per la ragazza, un punto di non ritorno: lasciare il negozio ed essere associata ai Preraffaeliti significa essere allontanata dalla famiglia e macchiare la propria reputazione, ma il desiderio di poter essere finalmente se stessa e dipingere è più forte. Pur con mille dubbi, Iris non può rinunciare a questa occasione.

Ognuno conduce la propria vita, e ora lei si trova lì. È con degli artisti, e non se ne rammarica neanche un po’.

In quei giorni Londra pulsa di arte e innovazione, ma sotto pelle, lungo i vicoli, nei meandri dei bassifondi, serpeggia la sua controparte buia e sordida. La povertà, la prostituzione, la morte che si presenta improvvisa e senza distinzione. Da questa zona d’ombra emergono la vitalità e la grinta del piccolo Albie, monello di strada amico di Iris, ma anche l’energia negativa dell’inquietante tassidermista Silas. Iris, presa a conquistarsi un futuro nuovo, non si accorge di lui, ma lui invece sviluppa nei suoi confronti una sinistra ossessione. Un personaggio tra i più disturbanti di cui abbia mai letto.

Se guardi dentro capirò che sei mia. Capirò il tuo messaggio, che di lui non ti importa nulla e che vuoi che io continui a sorvegliarti.

Un esordio potente, questo di Elizabeth Macneal. Una ricostruzione minuziosa e sul filo di una tensione sempre crescente, con una Londra che esce dalle pagine, viva, dorata e sporca, affascinante e repellente. Il mondo attraverso lo sguardo di Iris è fatto di colori, pennellate, tonalità mescolate, sfumature, bozzetti, ispirazione. C’è l’amore romantico declinato nel più classico stile ottocentesco, ma c’è anche l’orrore, la minaccia dello stalking, così moderna e al contempo così antica. Soprattutto c’è un intelligente ribaltamento degli ideali di amore cavalleresco, di donzella in pericolo. Vengono denudati, messi allo scoperto, esposti alla brutale realtà.

…la vera faccia della prigionia: poco più di un maiale nel trogolo, non certo il viso idealizzato del dipinto, pallido e immacolato, rivolto alla luce.

Una curiosità: se nel libro compaiono i veri pittori preraffaeliti Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais, William Holman Hunt e anche la musa Lizzie Siddal, il coprotagonista Louis Frost è fittizio (ma vi assicuro comunque molto ben scritto). Tutto il resto è così vero che sentirete le ruote dei carri scricchiolare e penserete di trovarvi lungo le vie londinesi, accanto a una ragazza troppo alta con le dita imbrattate di pittura, che ormai non teme di andarsene in giro con i capelli sciolti.

Lei comincia a vedere il mondo come una tela.

Edizione ottobre 2019 Einaudi

Traduzione di Giovanna Scocchera

Pagine 400

Gli Autunnali: lo sguardo della m(ed)usa

E gli autunnali ? Come sono gli autunnali?》chiese Gittani impaziente.

Hai davvero il coraggio di domandarmelo? Gli autunnali siamo noi》.

È stata la copertina a farmi decidere di leggere Gli autunnali. Non conoscevo nulla della trama ma ho visto il titolo, il colore rosso e poi quella foto davvero seducente, una donna stesa a terra che, schermandosi gli occhi con una mano, guarda di tra le dita l’uomo che la sovrasta. Non so di preciso perché ma tutto questo mi ha fatto pensare ad un altro libro, Fantasma d’amore di Mino Milani, e ho scoperto in seguito che questo spontaneo collegamento mentale non era poi tanto ozioso, dato che entrambe le storie si svolgono in autunno e ruotano intorno ad un’ossessione amorosa.

Questo preambolo per dire che a volte un libro ci arriva così, per istinto e per un intreccio casuale di immagini, colori e ricordi. Cosa penserebbe Gittani di tutto ciò? Forse ci tossirebbe sopra.

Chi è Gittani?

L’amico del protagonista, l’unico personaggio che io abbia trovato davvero simpatico, nell’intero libro (oltre al gatto). Il che non rappresenta un fattore negativo. Non sempre i personaggi di un libro devono piacerci, in certi casi il nostro interesse è mantenuto e stimolato proprio da ciò che ce li rende fastidiosi. Tolti Gittani e il gatto, quindi, cosa mi disturba di tutti gli altri e soprattutto del protagonista?

Tante cose e nessuna. Si tratta di una sensazione sotto pelle, di origine non ben identificata. Forse è quel senso diffuso di decadenza emotiva, quella stanchezza generale, il vuoto esistenziale di significati che conduce al cinismo e contro cui mi ribello con energia, nonostante la mia non più verdissima età. Ma, gradevole o no, potevo io non trovare morbosamente affascinante un uomo che si innamora di una fotografia? Potevo non appassionarmi a un’ossessione che sprofonda sempre più in una spirale oscura e autodistruttiva?

Se scrivo una storia d’amore e di fantasmi, posso dare una spiegazione razionale solo ai fantasmi.

Nel libro è citato Guy De Maupassant e vengono in mente anche Poe e Baudelaire e certi vecchi racconti gotici incentrati su donne amate e defunte (non sempre in quest’ordine). E Fantasma d’amore, come dicevo. O ancora Il ritratto di Jennie, dove un pittore ritrae una ragazza e se ne innamora, per poi scoprire che è morta da tempo. Attrazione a tinte fosche, poesia delirante dal sapore rosso profondo e nero come un frutto marcito.

Nel caso di Gli Autunnali, l’oggetto del desiderio, sotto forma di fotografia, è nientemeno che Jeanne Hebuterne, musa e amante di Modigliani, che conquista e incanta uno scrittore di mezza età, svuotato di emozioni, interessi e motivi, in cerca di un sentimento totalizzante che non trova più nel suo matrimonio ormai in stato vegetativo. Di colpo lei, dal fondo di quella foto, diventa tutto. E ha perfettamente senso, a pensarci: a questo servono le muse.

Dunque amavo una foto piegata in quattro che tenevo in tasca, e per giunta pretendevo di esserne ricambiato? Tutto sommato era una condizione più solida di tante altre coppie che incrociavo per la strada.

Luca Ricci, autore soprattutto di racconti, convince pienamente anche nel romanzo. Pur attingendo, come detto, a una tematica ben nota se non abusata, ha il pregio di non indugiare nel già visto e rivisto o nel romanticismo tragico sino a banalizzarlo, ma costruisce una vicenda bizzarra che morde con la dose giusta di sarcasmo e anche autoironia, surreale e allo stesso tempo così realistica da farvi pensare che potreste davvero incontrare Gittani, con il suo loden, girato l’angolo. E non punta ad assolvere il suo protagonista, anzi gli fa toccare il fondo a più riprese senza misericordia. Quasi mi pare di vedere la bocca di Jeanne, nella fotografia incriminata, consumata e sbiadita, che si piega in un vago, lusingato sorriso un po’ inquietante. Caro il mio scrittore io mi sarò pure buttata da una finestra per Modì, ma tu per me ti sei ridotto peggio. Sono soddisfazioni.

Eccolo lì, lo sguardo della musa. Anzi della medusa. Se lo ricambiate, come lo scrittore del romanzo, potreste precipitare in una spirale di febbrile follia romantica.

Non scordiamo la copertina, però (per inciso un’opera fotografica di Saul Leiter del 1947, dal titolo Sunday morning at the Cloisters): lì è la figura femminile a proteggersi gli occhi e lo sguardo che incombe è quello dell’uomo. Anche il nostro, di noi che la guardiamo attraverso lui. Ed è questa l’essenza dell’ossessione amorosa, no?

La medusa ci fissa e noi stessi diventiamo medusa. Il riflesso che ci pietrifica a vicenda, che confonde chi desidera con chi è desiderato, li mischia, li scambia.

Pare che Ricci intenda scrivere una quadrilogia “stagionale” e che quindi in futuro arriveranno, non si sa ancora in quale ordine, altri tre libri, sugli estivi, gli invernali e la mia categoria, ovvero i primaverili: dire che sono curiosa è un eufemismo, ma sono piuttosto certa che tutto sarà sorprendente e per nulla scontato.

Nell’attesa dedico a Luca Ricci una strofa tratta dalla canzone Dancing barefoot, che Patti Smith scrisse proprio ispirandosi a Jeanne Hebuterne e Modigliani e che ben sintentizza anche l’anima narrativa di Gli Autunnali: The plot of our life sweats in the dark like a face.

La trama della nostra vita trasuda dal buio come un viso.

Già.

Edizioni La nave di Teseo

Pagine 212