Sofia si veste sempre di nero: tante donne complicate e un uomo semplice

《Sofia》, disse l’infermiera a voce alta, 《lo sai che cos’è la nascita? È una nave che parte per la guerra》

Il mio motto di lettrice è “chi legge piano va sano e va lontano”, quindi raramente mi ritrovo a leggere titoli appena pubblicati. Più spesso accumulo libri e li leggo guidata dall’istinto, indipendentemente dalla data di uscita, pescando nel mucchio e nelle emozioni del momento.

Così mi ritrovo a leggere qualcosa di Paolo Cognetti solo ora e comincio da Sofia si veste sempre di nero, il cui principale pregio, almeno per ciò che mi riguarda è la struttura.

Da narratrice trovo che capire come strutturare una storia sia una delle parti più interessanti: la divisione in capitoli, se titolare o meno ogni eventuale capitolo, la narrazione in prima o terza (o anche seconda) persona, se scrivere al passato o al presente… Sono tante le opzioni e attraverso queste scelte la storia narrata assume una personalità e uno stile diversi.

Nel caso di Sofia si veste sempre di nero, ho trovato piuttosto originale e convincente la scelta di strutturarlo in una serie di racconti: volendo ogni racconto potrebbe essere anche letto a sé stante, conservando un suo senso compiuto, ma letti tutti insieme compongono la storia di un gruppo di personaggi, avanti e indietro nel tempo nell’arco di circa tre decenni. La Sofia del titolo, i suoi genitori Roberto e Rossana, la zia Marta e vari altri che entrano ed escono dalle loro vite, da quando Sofia nasce fino a che, da adulta, lascia l’Italia per gli USA. Davvero interessante come approccio stilistico, l’ho molto apprezzato.

Sul piano puramente narrativo, devo onestamente ancora capire se mi sia piaciuta o no la rappresentazione delle donne di questo libro. In realtà non so neanche se sia voluta, o se sia qualcosa che ci leggo solo io, ma la maggioranza delle figure femminili mi pare emotivamente chiusa e in fuga da contatti autentici, non sole perché libere ma della loro solitudine prede e prigioniere.

《[…] il tuo Inferno deve essere così. Un posto dove ti perdi sempre》

A partire da Sofia, prima adolescente problematica e poi donna complicata e sfuggente, e continuando con la zia Marta dall’esistenza volutamente solitaria, o ancora Emma, che è amante di un uomo sposato e dedita a una madre obesa che sembra quasi un alibi per non vivere in modo diverso, fino a Rossana, con i suoi sbalzi d’umore che ne condizionano la vita di moglie e madre e la consacrazione poi a un’attesa perenne da vedova. Tutte in modi diversi mi sembrano in lotta con sé stesse e in fuga da qualcosa. Una visione un po’ triste.

Tra tutte queste donne “interrotte” (per citare un vecchio film), ho provato molta simpatia per Roberto: un personaggio, il suo, molto umano, di una fallibile semplicità quasi tenera. Si può dire che faccia del suo meglio, in tutti i frangenti della sua esistenza imperfetta: con la moglie, con la figlia, con l’amante, sul lavoro. Ci prova, non sempre ci riesce. Potrebbe essere un nostro vicino di casa, un collega, anche un amico. Uno qualsiasi con i problemi di tanti, che alla fine suscita solidarietà. Il mio racconto preferito è quello in cui si ritrova in vacanza al lago con la figlia e condividono un momento di serenità in un vecchio salotto, bevendo lei succo di ribes e lui prosecco e ascoltando Edith Piaf.

… si convinse di essere un uomo semplice in mezzo a donne complicate: a lui bastava davvero poco per stare bene.

In conclusione un buon libro e una lettura gradevole. Lo stile di Cognetti è realistico e piacevole. Di lui leggerò sicuramente altro.

Edizioni Minimum Fax

Pagine 205