Galeotta fu una cometa.

Ho sempre amato le stelle, ma fu il passaggio di una cometa, la spettacolare Hale-Bopp, due decenni fa, a spingermi ad iniziare ad osservare il cosmo con concreto interesse.

Per un compleanno mi regalarono un manuale astronomico e passai un’intera estate con il naso in su, per imparare a distinguere le costellazioni, realizzando che l’occhio si allena anche per osservare il cielo e lentamente comincia a distinguere dettagli che prima non notava.

Poi arrivarono gli strumenti ottici: i binocoli 10×50, il primo telescopio -il classico rifrattore da 60 mm – per passare ai grandi binocoli da 80 mm. E allora ecco aprirsi il mondo del cielo profondo, delle nebulose, degli ammassi aperti e di quelli globulari, e i particolari dei pianeti, la luna così a portata di mano che ci potevo camminare sopra.

Dicono che non dimentichi mai la prima volta che osservi Saturno ed è vero: a me parve un gioiellino, là sospeso nel buio, con i suoi anelli minuscoli ma perfetti.

E le calotte polari di Marte? Stavo lì e pensavo che i miei occhi vedevano le calotte polari di un altro pianeta. A rifletterci bene fa impressione.

Ma sono già impressionanti e incredibilmente belli i luoghi lunari, quelle catene montuose sulla linea d’ombra del terminatore che brillano a tal punto da sembrare innevate…

E Orione con le sue meraviglie. Le grandi stelle rosse, quelle blu e oro. Le Pleiadi e il doppio ammasso di Perseo. O il momento magico in cui negli oculari entra la grande galassia di Andromeda, che dista solo un paio di milioni di anni luce. Un viaggio nel tempo, tu la vedi com’era due milioni di anni fa… La mente non riesce neanche a contenere il concetto.

Potrei continuare, fermatemi. Il fatto è che, colpevolmente, avevo abbandonato il cielo. E qualche sera fa, l’eclissi lunare del 27 luglio ha puntato il dito contro di me e mi ha rammentato quanto mi mancasse.

Perché una cosa importante ho imparato dal cosmo: ti accoglie e ti solleva. Mi è stato compagno in momenti davvero orribili della mia vita: la realtà franava come una parete friabile e io mi rivolgevo alle strade dello spazio profondo, sentendo che la paura e il dolore scendevano dalle mie spalle. Non se ne andavano ma si spostavano un po’, mi davano tregua. Perché quando guardi lassù tutto ti pare relativo, le dimensioni, le prospettive cambiano. Ti riempi di uno stupore che diventa quieto distacco.

Il cosmo è un ansiolitico naturale.

E uscimmo a riveder le stelle, scriveva Dante. Come siamo piccoli, diceva mia madre vent’anni fa, guardando insieme Hale-Bopp.

Collage fotografico di Franca Bersanetti Bucci, scatti del 27 luglio 2018

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