
Ebbe il desiderio di pregare, ma lasciò che quella preghiera prendesse la forma di una lenta passeggiata tra i fiori. Qualcuno, pensò, avrebbe dovuto insegnarmi ad accogliere meglio la gioia.
Non so spiegarne con precisione il motivo ma queste parole mi emozionano. Sono le prime che mi vengono sempre in mente quando ripenso a questo libro, letto ormai tre anni fa ma rimasto nel mio cuore. Una scena che coinvolge un personaggio di secondo piano (e che porta in una direzione inattesa), eppure impressa nei miei ricordi. Saper accogliere la gioia non è forse una forma di libertà?
A questo proposito, il titolo del libro è evocativo, benaugurante: Ora saremo liberi. Rammento di averlo scelto perché tradotto dal compianto Sergio Claudio Perroni e già dalle prime pagine mi è stato subito chiaro che lo avrei amato. Mi è bastato l’incipit da romanzo d’altri tempi, una carrozza in una notte di pioggia, e il fascino altrettanto classico del suo malconcio, tormentato protagonista, John Lacroix, di ritorno dalla campagna militare contro Napoleone in Spagna, ferito nel corpo e soprattutto nell’anima. Ad attenderlo, nell’antica dimora di famiglia, solo una governante e una convalescenza in solitudine che sarà di breve durata. I fatti della Spagna, qualcosa di poco chiaro avvenuto laggiù, lo perseguiteranno e dovrà fuggire, in un viaggio pieno di svolte avventurose e incontri, braccato da due inviati dell’esercito britannico e dell’esercito spagnolo, il caporale Calley e il tenente Medina.
La prosa di Andrew Miller è ricca di poesia e potenza descrittiva e i suoi personaggi sono tutti bellissimi, autentici e tridimensionali, colmi come bicchieri troppo pieni di emozioni e imperfetta umanità. Ho amato ognuno di loro, anche l’implacabile Calley, pronto a qualsiasi cosa per portare a termine la propria missione, la solitudine di una vita invisibile diventata un’armatura di aggressività e crudeltà.
Ovviamente vedevo pochissimo, ma ho immaginato tantissimo.
E poi Emily. Lacroix, con l’udito danneggiato dalla guerra, alle isole Ebridi conosce lei, che sta diventando cieca. Un incrocio di strade dissestate che pare davvero orchestrato dal destino. Lei è una donna fuori del comune, parte di un bizzarro gruppetto di liberi pensatori, dal carattere schietto e le idee piuttosto chiare.
Libera? (…) Vi dirò quanto sono libera. Sono una donna nubile non più nel fiore della giovinezza. Sono quella che alcuni chiamano ‘zitella’. I miei risparmi ammontano a meno di sette sterline. Vivo sotto la tutela di mio fratello, e questo significa – sebbene lo ami com’è giusto faccia una sorella – che vivo senza alcun tipo di tutela. (…) Ogni giorno vado perdendo quel che rimane della mia vista, e così finirò presto per perdere quel poco di indipendenza di cui ancora godo. Perciò vi prego di dirmi dove, in tutto ciò, trovate che io sia libera. È forse perché mi tolgo le calze per sguazzare nell’ acqua? Perché vi ho permesso di guardarmi mentre lo facevo? È questa la mia libertà?
Le pagine ambientate a Glasgow, dove Lacroix accompagna Emily per tentare un intervento agli occhi, sono tra le migliori e più suggestive del romanzo. La ricostruzione della realtà ospedaliera dell’epoca è affascinante e sembra di ritrovarsi in un racconto – anche se più crudo e realistico – di Dickens. C’è persino un chirurgo dal cognome italiano (con nonno di Torino e bisnonno di Napoli).
E come scordare l’incontro del caporale Calley con l’ambulante che gli vende un lume per affrontare la traversata a piedi di un tratto di mare mentre c’è la bassa marea: una marea che si alzerà inesorabile di lì a poco e l’unica possibilità è muoversi in linea retta, su quella lingua di terra, sperando di non deviare per sbaglio, privi di punti di riferimento, guidati solo da un lume…
O ancora, a sorprendere per la sua disarmante bellezza, un’alba tra i fiori…
Adesso, stanati dal sole, andavano accendendosi l’uno dopo l’altro. Quelli gialli e quelli bianchi, quelli dorati e quelli rossi, tanto che aveva l’impressione di guardare un campo di piccole luci a galla nell’acqua bassa dell’ombra mattutina.
È così questa storia: un intreccio di vite claudicanti, danneggiate, smarrite, in cerca di riscatto, riconoscimento, speranza, attraversato da questi lampi di meraviglia che anche nei momenti più bui o spietati vengono a ricordare il privilegio e la complessità dell’essere vivi.
Ho sentito parlare poco di Ora saremo liberi, finora non mi è ancora capitato di imbattermi in qualcuno che lo abbia letto e mi sorprende perché a me pare magnifico, superiore a tanti libri dello stesso genere storico sulla bocca di tutti. E il finale… Ecco, io vorrei sviscerare il finale, confrontarmi sul suo significato e sulle sensazioni che mi ha suscitato… Ma solo il vecchio Tom, per ora, potrebbe rispondermi. Lui di sicuro sa.
Chi è il vecchio Tom?
Eh…
La mente di un animale persa lassù. La mente di una persona. Quanto cielo può sopportare una vita?
* Edizione giugno 2020 Bompiani
* Titolo originale: Now we shall be entirely free
* Traduzione di Sergio Claudio Perroni
* Pagine 480

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