La distanza. Una delle sue forme, delle declinazioni possibili. La prima, a ben vedere. La distanza posta tra me e la vita per navigarla, non esserne mangiata viva, restituirla. La distanza messa di traverso tra me e gli altri per farlo: io dentro, voi tutti fuori a farvi guardare, mancare. Perché io qui sono sola e voi invece insieme stretti uniti sulla superficie dei nostri mondi.

Una scrittura che si dilata nel dentro e nel fuori, quella di Chiara Marchelli. Scende nel profondo dei sentimenti e dei pensieri dei personaggi ma sa spingersi anche all’esterno, in descrizioni di realistico impatto. Non tutti gli scrittori ne sono capaci, non con lo stesso grado di intensità e coinvolgimento. Qui tutto ha il medesimo potere di presa sul lettore.

Il dentro, un aneurisma che arriva a cambiare la vita di una scrittrice italiana, Elena, da anni newyorchese d’adozione insieme al compagno francese. Da quel brusco, pauroso cambiamento fisico si innesca una catena di cambiamenti emotivi ed esistenziali. Chiunque si sia confrontato anche in minima parte con la malattia, la consapevolezza della mortalità, del tempo che si accorcia e non ritorna, conosce bene la confusione psicologica che ne deriva.

Il fuori, un vulcano, poco distante dal paese del compagno di Elena, in Francia, che eruttando costringe la coppia e i genitori di lei a una convivenza forzata, a riflessioni scomode, a scoprire il non detto e il taciuto.

Dentro e fuori che si sovrappongono, si mescolano, si scambiano. Quel dentro che Elena vorrebbe riuscire a riversare sulla carta, tornando a scrivere, poche pagine alla volta. Quel dentro che deve guarire, trovare l’aria da respirare, liberarsi, in qualche modo anche assolversi. E quel fuori così vivido e vero, tanto che leggendo si sente la cenere nell’aria e lo spettacolo dell’eruzione è davanti ai nostri occhi, come se davvero potessimo affacciarci alla finestra e trovarlo lì, magnifico e terribile.

La memoria della cenere mi è parsa una storia sulla distanza. Quella che si mette tra noi e le nostre origini, le nostre scelte, la paura, le persone a noi più vicine, per non ammettere le loro e le nostre fragilità, per protezione, per mille e mille motivi che ognuno può adattare alla propria esperienza.

Poi la vita – un aneurisma, un vulcano, tutto può essere – cambia i parametri, accorcia questa distanza accuratamente spianata, ci imprigiona a stretto contatto con ciò che temiamo, che non avevamo considerato o non vogliamo guardare troppo nei dettagli.

Vivo da sempre nello stesso posto ma non serve andarsene per poter comprendere il senso della distanza. Io lo conoscevo già da molto piccola, l’ho coltivato consapevolmente. Per questo ho riconosciuto anche qualcosa di mio in Elena, nella cenere, in quella pagine da riempire.

Anche io ho le mie.

Tutto si ripete simile a se stesso per non confonderci troppo》 aveva sorriso quel pomeriggio 《anche se poi ci confondiamo ugualmente》

Edizione: NNEditore

Pagine 296

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